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  • UNCITRAL model law on electronic transferable records. Dalle esperienze precedenti all’approvazione della MLETR. Lo scopo e la struttura. Le disposizioni sul principio di equivalenza funzionale. Lo standard generale di affidabilità. Altre disposizioni sull’uso degli electronic transferable records. L’applicazione della model law. La necessità di una riforma: l’esperienza del Regno Unito. Trade documents. Possession problem e i “gateway criteria”. Impact assessment dell’electronic trade documents bill. La necessità di adeguare la legislazione italiana.

  • Il concetto di arbitrabilità: analisi dei regimi nazionali e New York convention 1958. L'arbitrato come strumento di soluzione delle controversie. Nozione e motivi di arbitrabilità nel diritto dell’arbitrato internazionale. La legge applicabile all'arbitrabilità e il rapporto con l’ordine pubblico. Ordine Pubblico e arbitrabilità: un rapporto così stretto? La posizione del professor Brekoulakis: l’inarbitrabilità come limite inerente all’arbitrato. La legge applicabile all’arbitrabilità. L’approccio del diritto interno alla questione dell’arbitrabilità negli arbitrati internazionale. La giurisprudenza italiana. Giurisprudenza di altri Paesi europei: cenni. Stati Uniti.

  • Profili introduttivi. La nascita ed evoluzione dell'arbitrato internazionale in materia di investimenti: gli accordi precedenti ai BITs. L'arbitrato ICSID. La giurisdizione del centro: l'articolo 25 della convenzione ICSID. Il riconoscimento del lodo arbitrale straniero. L'esecuzione dei lodi arbitrali e l'impatto su di essi della sentenza Achmea. Considerazioni preliminari sul caso Achmea.

  • L' elaborato si propone l' obiettivo di analizzare le nuove tipologie arbitrali introdotte dalla legge n. 183/2010 e le loro probabilità di successo nell'ordinamento italiano. Per far ciò, prima di concentrarmi sulla attuale disciplina, ho proceduto ad una ricognizione storica dell' istituto arbitrale e dell' impianto normativo su cui il legislatore del 2010 è intervenuto. Infine ho svolto un' analisi di diritto comparato, prendendo a riferimento gli ordinamenti di USA ed Inghilterra e verificando come lì l' arbitrato ed in generale i metodi ADR, vengono utilizzati.

  • Il lavoro si propone di analizzare le fonti internazionali che disciplinano l'esecuzione ed il riconoscimento dei lodi stranieri, e analogamente la disciplina prevista in tema di adozione, da parte degli arbitri, di provvedimenti cautelari. In relazione a questo è stata poi condotta una rassegna sommaria delle discipline accolte dai vari ordinamenti nazionali.

  • Questo progetto di tesi si pone come obiettivo di analizzare il percorso normativo e giurisprudenziale che ha preceduto la fondamentale sentenza della Consulta n 223/2013, con cui è stata dichiarata l’incostituzionalità dell’art 819 ter, 2° comma c.p.c. Con tale sentenza, la Consulta apre finalmente la strada alla possibilità di translatio iudicii nei rapporti tra arbitrato e giurisdizione statale, salvaguardando così la posizione dell’attore che, presentando la sua domanda, erri nell’individuazione dell’autorità competente. Questa rivoluzione giurisprudenziale tiene conto dell’evoluzione sia dottrinale che giurisprudenziale che si è avuta attorno, in primis, alla natura dell’istituto arbitrale, e in secondo luogo relativamente ai rapporti tra i due tipi di giurisdizione: statale e privata. Dal punto di vista dottrinale sono state proposte diverse teorie sull’inquadramento dell’arbitrato: come giurisdizione privata, in cui il lodo è un atto di autonomia privata, la teoria processualistica, considera il lodo come negozio di puro diritto privato che produce immediati effetti procedurali, per la teoria intermedia invece, il lodo costituisce la sintesi di una parte prettamente privatistica, unita al decreto di esecutorietà di tipo giurisdizionale. Dal punto di vista giurisprudenziale, devono sicuramente essere menzionate le sentenze che hanno dichiarato l’incostituzionalità dell’art 30 della Legge istitutiva dei TAR, nella parte in cui non permetteva la translatio iudicii nei rapporti tra giudici appartenenti alle medesime giurisdizioni. La Cassazione, è intervenuta nel 2002 con la sentenza 22002 per affermare, almeno, una translatio unilaterale nei rapporti tra giudice e arbitro, ma non viceversa. La vera svolta si ebbe grazie ai ricorsi, poi riuniti, presentati, da una parte dall’ arbitro di Bologna e dall’altra dal Tribunale di Catania che avevano sollevato questione di incostituzionalità dell’art 819 ter, 2 comma cpc. La riforma per il processo civile introdotta con il D.L 132/2014, relativa alle misure per la degiurisdizionalizzazione e riduzione dell’arbitrato, ha accolto le conclusioni cui è giunta la Consulta, inserendo la possibilità della translatio nel primo articolo della legge, dando vita ad una nuova forma di arbitrato, detto “deflattivo”, allo scopo di porre rimedio al congestionamento dei processi civili. Nuova forma di arbitrato è stata introdotta, in ambito societario, anche dal d.lgs. 5/2003, con l’intenzione di creare un istituto che incentivasse le società, non tutte, prevedendo infatti la legge stringenti limiti sia soggettivi che oggettivi, a ricorrere allo strumento dell’arbitrato. Questo decreto ha portato con sé non poche critiche e dibattiti, essendo in discussione se tale arbitrato societario costituisse o meno una forma alternativa rispetto all’arbitrato comune o se piuttosto fosse da considerarsi, in via esclusiva, l’unico tipo di arbitrato accessibile per le società.

  • L’elaborato, attraverso il caleidoscopio di una prospettiva d’indagine comparatistica e diacronica, ha ad oggetto lo studio del principio del contraddittorio nell’ arbitrato. Si divide in tre parti. La prima parte fornisce un’ analisi circa la portata assiologica del principio in esame, alla luce del rapporto tra disposizioni codicistiche, principi costituzionali e regole sovranazionali. Particolare attenzione è stata riservata alla riforma costituzionale sul “giusto processo”, analizzando le principali opinioni dottrinali che in tale contesto sono emerse e le implicazioni che tale garanzia costituzionale pone in relazione alle sentenze di “terza via”. Nella seconda parte si passa ad analizzare il rapporto tra contraddittorio e arbitrato rituale. Lo studio chiarisce dapprima la dimensione del contraddittorio fra il principio della libertà delle forme e i principi di ordine pubblico processuale. Nel dinamismo delle riforme che si sono succedute in materia, l’accento è poi posto sui singoli aspetti emersi in dottrina e giurisprudenza. Nella terza parte è contenuta l’analisi dell’estensione del principio del contraddittorio all’ arbitrato irrituale. Dal momento che a un differente inquadramento dell’istituto corrisponde una differente disciplina dei principi che lo regolano, si è provveduto ad una breve rassegna delle differenti ricostruzioni che di esso sono state date nel corso degli anni da dottrina e giurisprudenza a partire dalla sentenza della Corte di Cassazione torinese del 27 dicembre 1904, la quale, per la prima volta in modo esplicito, ha riconosciuto la validità dei compromessi e dei lodi privati emessi senza il rispetto delle forme previste in tema di arbitrato regolato dal codice di procedura civile. Attraverso una lettura sistematica dell’art. 808-ter c.p.c. è infine emersa la portata innovativa che, all’ interno del panorama legislativo del nostro ordinamento, la disposizione presenta in quanto avente ad oggetto l’arbitrato contrattuale come istituto generale. L’accento critico è qui posto, in particolare, su quei punti che nonostante l’importante intervento legislativo risultano poco limpidi, prestando il fianco a letture contrastanti. Nella stesura del presente lavoro si è preso gradualmente coscienza dell’innegabile rilevanza che il principio del contraddittorio riveste nell’ arbitrato, in quanto strumento volto, nel rispetto delle garanzie delle parti, alla continua ricerca delle modalità mediante le quali possa prodursi la decisione più “giusta” possibile. Familiarizzare con l’intima natura dell’arbitrato in quanto «omaggio alla volontà e alla buona volontà dei litiganti, un nobile e consapevole sacrificio della sovranità, detentrice della giurisdizione, alla libertà», ha permesso, inoltre, il ragguaglio di tematiche di teoria generale strettamente legate al tema trattato.

  • La tesi ha l'obiettivo di sottolineare come il legislatore abbia, attraverso interventi normativi successivi, arricchito sempre di più il procedimento di mediazione, grazie all'utilizzo di istituti tipicamente processuali. Partendo dalla valutazione dei presupposti tipici dell'istituto, si descrivono gli aspetti fondamentali della ritualità della nuova mediazione civile e commerciale, grazie anche ad una personale analisi di alcuni regolamenti di procedura elaborati dagli organismi di mediazione. Infine, l'attenzione si sposta, seppur in modo sommario, sulla disciplina della negoziazione assistita, esempio ancor più forte di procedimentalizzazione di uno strumento alternativo per la risoluzione delle controversie.

  • la tesi tratta dell'arbitrato internazionale, partendo dall'analisi delle varie definizioni presenti nelle Convenzioni Internazionali e analizzando il procedimento arbitrale in questione si passa alla trattazione della questione relativa alla legge applicabile a tale tipo di arbitrato; sia a livello procedurale che a livello sostanziale.

  • L’esigenza di alleggerire il carico dei tribunali mediante forme di soluzione diverse e alternative al processo giurisdizionale trae le sue origini da esperienze culturali remote: l’arte della composizione del conflitto rappresenta un'attività di cui l’uomo si è fin da subito dovuto occupare, per lo meno dal momento in cui ha cominciato a vivere all’interno di una comunità, proprio perché si tratta di un’attività che sfiora tutti gli aspetti della vita sociale. La mediazione ha origini antichissime, infatti la necessità di sviluppare nei secoli procedure alle quali ricorrere per garantire un'ordinata convivenza e armonia sociale risale già all'antica Roma del V secolo A.C.: la prima delle XII Tavole (il più antico diritto scritto dell’antichità romana), richiama il tentativo di compromesso da esperirsi davanti al pretore con cui le parti in lite trovano un accordo sull’oggetto del contendere, nel qual caso il giudice è tenuto a consacrarlo con l’emanazione della sentenza mentre in caso di mancato raggiungimento di un accordo allora si sarebbero adite le vie giudiziali instaurando il processo. Le origini della mediazione trovano fondamento in tempi antichi anche in Paesi dell’estremo oriente ed in particolare in Cina dove la mediazione fu lo strumento principale nella risoluzione delle dispute: Confucio sosteneva che il modo migliore per dirimere una disputa fosse la persuasione morale e il raggiungimento di un accordo, piuttosto che la coercizione del Sovrano. L’idea stessa di “compromesso” è profondamente radicata nella cultura cinese, infatti non tener in alcun conto gli interessi dell’altra parte è considerato particolarmente deplorevole sul piano etico-giuridico ed il pensiero confuciano è promotore della mediazione, tanto che l’istituto continua tuttora ad essere praticato nella Repubblica Popolare Cinese. In tempi più recenti, dopo l’unificazione del Regno d’Italia e la conseguente stesura del codice di procedura civile del 1865, il legislatore ha dedicato ampio spazio alla composizione bonaria delle controversie, disciplinando la conciliazione nel titolo preliminare all'art.1, dando vita così alla figura professionale del giudice conciliatore: caratteristiche essenziali del procedimento consistevano nella compresenza della funzione conciliativa con quella giurisdizionale nel giudice conciliatore, la municipalità del giudice stesso e infine la completa assenza di formalità (il rito si svolgeva verbalmente) per consentire a tutti un facile accesso alla procedura. Se invece apriamo il Codice di procedura vigente, per trovare un accenno alla conciliazione bisogna aspettare l'art. 320, e questa sfiducia a cui è andata in contro la figura del giudice conciliatore è arrivata fino ai nostri giorni. Negli USA la mediazione fu introdotta come sistema volontario (nelle controversie sindacali tra le compagnie ferroviarie e i loro dipendenti) nel 1887, con la legge sul commercio tra gli Stati (Intestate Commerce Act), e a partire dalla fine degli anni ’60 trovò un applicazione sempre maggiore. Ma la svolta fondamentale si ebbe nel 1998, in occasione della modifica del Titolo 28° della Carta dei Diritti e nell'Alternative Dispute Resolution Act, che consacrarono il successo della cultura alternativa della gestione del conflitto nella società americana. Oggi il ricorso agli A.D.R. ha portato ad una riduzione del contenzioso giudiziario di quasi il 90%. Visto l’esito positivo avutosi oltreoceano, nell’aprile del 2002 la Commissione Europea ha presentato un Libro Verde relativo ai modi alternativi di risoluzione delle controversie in materia civile e commerciale per promuovere l’utilizzo della mediazione, ed in seguito alla Direttiva n. 2008/52/CE il governo italiano ha emanato il D.lgs. 28/2010 al fine di coordinare le disposizioni vigenti in materia di mediazione e conciliazione in ambito civile e commerciale, solo che appena due anni dopo, il 6 dicembre 2012, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità del decreto per eccesso di delega legislativa, così che il governo Letta ha cercato di disciplinare nuovamente l'istituto con la Legge n.98/2013, sebbene stavolta la mediazione sia stata prevista come temporanea perché contemplata come obbligatoria per i soli quattro anni successivi alla sua entrata in vigore, a metà dei quali il ministero di giustizia avvierà un monitoraggio per valutare se la sperimentazione della procedura di mediazione ha funzionato. Speriamo che intanto la “cultura della mediazione” cominci a diffondersi anche in Italia.

  • Grazie alla novella del 2006 è stato riformulato anche l’art. 25 n. 7 in relazione al potere di nomina degli arbitri attribuito al giudice delegato su proposta del curatore, l’art. Opposizioni allo stato passivo La riforma del 2006 ha profondamente inciso sulle impugnazioni allo stato passivo. La soluzione è stata poi abbandonata in virtù del mancato rispetto del principio del contraddittorio. Prima della riforma del 2006 era previsto solo il reclamo contro gli atti del curatore. Alla luce della riforma del 2006 questa tesi è però da respingere. La prima ipotesi concerne l’opponibilità alla procedura del lodo emesso in data anteriore alla sentenza dichiarativa di fallimento.

  • Tra regionalismo e multilateralismo. Le organizzazioni africane di integrazione economica. L'integrazione giuridica come presupposto per l'integrazione economica. Il caso OHADA. Il ricorso all'arbitrato nel sistema OHADA.

Dernière mise à jour depuis la base de données : 06/08/2025 12:01 (UTC)

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