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  • L’esigenza di alleggerire il carico dei tribunali mediante forme di soluzione diverse e alternative al processo giurisdizionale trae le sue origini da esperienze culturali remote: l’arte della composizione del conflitto rappresenta un'attività di cui l’uomo si è fin da subito dovuto occupare, per lo meno dal momento in cui ha cominciato a vivere all’interno di una comunità, proprio perché si tratta di un’attività che sfiora tutti gli aspetti della vita sociale. La mediazione ha origini antichissime, infatti la necessità di sviluppare nei secoli procedure alle quali ricorrere per garantire un'ordinata convivenza e armonia sociale risale già all'antica Roma del V secolo A.C.: la prima delle XII Tavole (il più antico diritto scritto dell’antichità romana), richiama il tentativo di compromesso da esperirsi davanti al pretore con cui le parti in lite trovano un accordo sull’oggetto del contendere, nel qual caso il giudice è tenuto a consacrarlo con l’emanazione della sentenza mentre in caso di mancato raggiungimento di un accordo allora si sarebbero adite le vie giudiziali instaurando il processo. Le origini della mediazione trovano fondamento in tempi antichi anche in Paesi dell’estremo oriente ed in particolare in Cina dove la mediazione fu lo strumento principale nella risoluzione delle dispute: Confucio sosteneva che il modo migliore per dirimere una disputa fosse la persuasione morale e il raggiungimento di un accordo, piuttosto che la coercizione del Sovrano. L’idea stessa di “compromesso” è profondamente radicata nella cultura cinese, infatti non tener in alcun conto gli interessi dell’altra parte è considerato particolarmente deplorevole sul piano etico-giuridico ed il pensiero confuciano è promotore della mediazione, tanto che l’istituto continua tuttora ad essere praticato nella Repubblica Popolare Cinese. In tempi più recenti, dopo l’unificazione del Regno d’Italia e la conseguente stesura del codice di procedura civile del 1865, il legislatore ha dedicato ampio spazio alla composizione bonaria delle controversie, disciplinando la conciliazione nel titolo preliminare all'art.1, dando vita così alla figura professionale del giudice conciliatore: caratteristiche essenziali del procedimento consistevano nella compresenza della funzione conciliativa con quella giurisdizionale nel giudice conciliatore, la municipalità del giudice stesso e infine la completa assenza di formalità (il rito si svolgeva verbalmente) per consentire a tutti un facile accesso alla procedura. Se invece apriamo il Codice di procedura vigente, per trovare un accenno alla conciliazione bisogna aspettare l'art. 320, e questa sfiducia a cui è andata in contro la figura del giudice conciliatore è arrivata fino ai nostri giorni. Negli USA la mediazione fu introdotta come sistema volontario (nelle controversie sindacali tra le compagnie ferroviarie e i loro dipendenti) nel 1887, con la legge sul commercio tra gli Stati (Intestate Commerce Act), e a partire dalla fine degli anni ’60 trovò un applicazione sempre maggiore. Ma la svolta fondamentale si ebbe nel 1998, in occasione della modifica del Titolo 28° della Carta dei Diritti e nell'Alternative Dispute Resolution Act, che consacrarono il successo della cultura alternativa della gestione del conflitto nella società americana. Oggi il ricorso agli A.D.R. ha portato ad una riduzione del contenzioso giudiziario di quasi il 90%. Visto l’esito positivo avutosi oltreoceano, nell’aprile del 2002 la Commissione Europea ha presentato un Libro Verde relativo ai modi alternativi di risoluzione delle controversie in materia civile e commerciale per promuovere l’utilizzo della mediazione, ed in seguito alla Direttiva n. 2008/52/CE il governo italiano ha emanato il D.lgs. 28/2010 al fine di coordinare le disposizioni vigenti in materia di mediazione e conciliazione in ambito civile e commerciale, solo che appena due anni dopo, il 6 dicembre 2012, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità del decreto per eccesso di delega legislativa, così che il governo Letta ha cercato di disciplinare nuovamente l'istituto con la Legge n.98/2013, sebbene stavolta la mediazione sia stata prevista come temporanea perché contemplata come obbligatoria per i soli quattro anni successivi alla sua entrata in vigore, a metà dei quali il ministero di giustizia avvierà un monitoraggio per valutare se la sperimentazione della procedura di mediazione ha funzionato. Speriamo che intanto la “cultura della mediazione” cominci a diffondersi anche in Italia.

  • Il presente elaborato mira ad analizzare le forme di tutela accordate in sede europea al “consumatore” si servizi finanziari, al fine di verificarne, da un lato, l’adeguatezza rispetto all’evoluzione normativa che ha interessato tale segmento del mercato (Capitolo I) e, dall’altro lato, le modalità e le tecniche di diffusione nell’ordinamento italiano (Capitolo II) e in quelli dei principali Paesi Europei (Capitolo III). L’indagine muove dal processo di integrazione comunitaria avviato nel 1999 con l’elaborazione del “Financial Service Action Plan”, mettendo in luce come tale azione stia progressivamente contribuendo, attraverso la predisposizione di nuove regole e principi, alla creazione di un “diritto privato europeo”. In tale contesto, infatti, lo spazio rappresentato dal mercato dei servizi finanziari è significativo e di eccezionale rilevanza. Si è osservato, infatti, come l’integrazione dei mercati finanziari – avviata dalle Istituzioni europee, tra l’altro, attraverso l’aggiornamento della normativa comunitaria sui servizi di investimento (direttiva MiFID) – abbia avviato, e progressivamente sostenga, la massima armonizzazione delle regole economiche e giuridiche applicabili alle relazioni con i clienti, anche attraverso l’introduzione di nuovi meccanismi di tutela dei consumatori, volti a preservare la parte “debole” del rapporto contrattuale dai fisiologici rischi connessi alla prestazione dei servizi finanziari. In tale contesto, si è evidenziato come l’omogeneizzazione delle regole dei mercati finanziari abbia comportato, da un lato, l’aumento del flusso di risparmio destinato agli investimenti cross-border, nonché il progressivo coinvolgimento dei consumatori nelle transazioni finanziarie ma, dall’altro lato, abbia contribuito ad esporre maggiormente gli stessi ai rischi connessi agli eventi di crisi che hanno interessato le economie a capitalismo avanzato (ad esempio, il default della banca d’affari Lehman Brother’s). L’esposizione della clientela a situazioni di instabilità, peraltro, è fortemente avvertita anche sul versante dei servizi bancari tradizionali, non soltanto in ragione della diffusione del modello di banca universale e multicanale, ma che per effetto dell’attesa internazionalizzazione dei player del mercato, conseguente al livellamento del relativo “campo da gioco”. Si è perciò sottolineato come la proliferazione delle controversie intermediario-cliente nei diversi segmenti del comparto bancario-finanziario abbia mostrato come il nuovo sistema di tutele introdotto dal legislatore comunitario non sia stato in grado, da solo, di garantire la massima protezione dei consumatori dai rischi connessi alla fruizione dei servizi finanziari. A tale proposito, ci si è interrogati – anche alla luce della copiosa letteratura nazionale ed europea in materia – riguardo ai rimedi esperibili per superare le criticità legate alle procedure giudiziali di risoluzione delle controversie transfrontaliere (i.e. la durata dei tempi processuali, ovvero il costo per accedere alla giustizia), giungendo ad individuare nei sistemi alternativi di risoluzione delle controversie (c.d. ADR) una valida alternativa rispetto alla tutela giudiziale ordinaria. Ancora nel corso del Capitolo I, si è dato conto di come tali meccanismi di mediazione e conciliazione – caldeggiati e, in parte, disciplinati dalle istituzioni comunitarie – potranno, da un lato, comportare la semplificazione e la deburocratizzazione degli apparati giudiziari e, dall’altro, offrire un ulteriore presidio di tutela per i cittadini europei, particolarmente esposti ai rischi connessi ad attività complesse come la prestazione dei servizi di investimento. Come evidenziato nel corso del Capitolo II, non sorprende che in un settore fisiologicamente esposto al rischio di contenzioso come il comparto dei servizi finanziari, le Istituzioni comunitarie abbiano introdotto e progressivamente sospinto la diffusione in Europa dei modelli di ADR, appunto come strumenti di risoluzione delle controversie alternativi agli ordinari rimedi di natura giudiziaria. E sulla spinta comunitaria, anche il legislatore italiano sta progressivamente introducendo nel nostro ordinamento nuove modalità e nuovi sistemi per la risoluzione stragiudiziale delle controversie insorte in sede di prestazione dei servizi finanziari: tra le prime, la disciplina della mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie in materia civile e commerciale (di cui al d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28); tra i secondi, i due nuovi organismi di derivazione pubblica, rappresentati dall’Arbitro Bancario Finanziario attivo presso la Banca d’Italia e la Camera di Conciliazione e Arbitrato, costituita presso la Consob. Si è visto, quindi, che le esigenze di tutela della clientela hanno condotto negli ultimi anni all’emanazione di regole e principi, come la disciplina della trasparenza del 2003 (successivamente novellata nel 2009 e, da ultimo, nel 2011 per recepire le nuove regole in materia di contratti di credito ai consumatori) e le regole di funzionamento dei sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie, che operano proprio a completamento del quadro delle iniziative di tutela della clientela bancaria e finanziaria, come strumenti di redress rapidi, economici ed efficaci. Sempre nel corso del Capitolo II, quindi, si analizzano le caratteristiche principali dell’organismo nazionale deputato alla risoluzione stragiudiziale delle controversie bancarie, costituito dall’Arbitro Bancario Finanziario, al fine di rappresentare la natura giuridica di tale meccanismo, il relativo ambito di applicazione territoriale ed oggettivo, nonché individuando i rimedi esperibili dagli intermediari avverso le decisioni pronunciate dall’ABF. L’indagine prosegue attraverso l’indicazione degli elementi essenziali della Camera di Conciliazione e Arbitrato, istituita presso la Consob al fine di redimere le controversie insorte in sede di prestazione dei servizi di investimento, anche attraverso un approfondito confronto con la natura giuridica e l’ambito di applicazione dell’ABF. Infine, nel Capitolo III dell’elaborato – dopo aver esaminato le principali ragioni poste alla base della diffusione degli strumenti ADR in Europa, le principali iniziative legislative (direttiva mediation) e di autoregolamentazione (reti EEJ-NET e FIN-NET) in materia – si offre un’analisi dei principali sistemi ADR attivi in Europa, attraverso una dettagliata indagine comparatistica che ha interessato gli ordinamenti francese, spagnolo, tedesco e inglese. La menzionata indagine, in particolare, ha messo in luce le principali differenze e le numerose analogie presenti tra i sistemi ADR attivi nell’Unione europea, principalmente con riguardo alla natura giuridica dei rispettivi organismi, alle funzioni svolte, alle condizioni di accesso ai sistemi, nonché alle caratteristiche delle relative decisioni.

Dernière mise à jour depuis la base de données : 16/12/2025 01:00 (UTC)

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