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L'applicabilità della disciplina arbitrale nelle controversie societarie.
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Il lavoro si propone di analizzare le fonti internazionali che disciplinano l'esecuzione ed il riconoscimento dei lodi stranieri, e analogamente la disciplina prevista in tema di adozione, da parte degli arbitri, di provvedimenti cautelari. In relazione a questo è stata poi condotta una rassegna sommaria delle discipline accolte dai vari ordinamenti nazionali.
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Questo progetto di tesi si pone come obiettivo di analizzare il percorso normativo e giurisprudenziale che ha preceduto la fondamentale sentenza della Consulta n 223/2013, con cui è stata dichiarata l’incostituzionalità dell’art 819 ter, 2° comma c.p.c. Con tale sentenza, la Consulta apre finalmente la strada alla possibilità di translatio iudicii nei rapporti tra arbitrato e giurisdizione statale, salvaguardando così la posizione dell’attore che, presentando la sua domanda, erri nell’individuazione dell’autorità competente. Questa rivoluzione giurisprudenziale tiene conto dell’evoluzione sia dottrinale che giurisprudenziale che si è avuta attorno, in primis, alla natura dell’istituto arbitrale, e in secondo luogo relativamente ai rapporti tra i due tipi di giurisdizione: statale e privata. Dal punto di vista dottrinale sono state proposte diverse teorie sull’inquadramento dell’arbitrato: come giurisdizione privata, in cui il lodo è un atto di autonomia privata, la teoria processualistica, considera il lodo come negozio di puro diritto privato che produce immediati effetti procedurali, per la teoria intermedia invece, il lodo costituisce la sintesi di una parte prettamente privatistica, unita al decreto di esecutorietà di tipo giurisdizionale. Dal punto di vista giurisprudenziale, devono sicuramente essere menzionate le sentenze che hanno dichiarato l’incostituzionalità dell’art 30 della Legge istitutiva dei TAR, nella parte in cui non permetteva la translatio iudicii nei rapporti tra giudici appartenenti alle medesime giurisdizioni. La Cassazione, è intervenuta nel 2002 con la sentenza 22002 per affermare, almeno, una translatio unilaterale nei rapporti tra giudice e arbitro, ma non viceversa. La vera svolta si ebbe grazie ai ricorsi, poi riuniti, presentati, da una parte dall’ arbitro di Bologna e dall’altra dal Tribunale di Catania che avevano sollevato questione di incostituzionalità dell’art 819 ter, 2 comma cpc. La riforma per il processo civile introdotta con il D.L 132/2014, relativa alle misure per la degiurisdizionalizzazione e riduzione dell’arbitrato, ha accolto le conclusioni cui è giunta la Consulta, inserendo la possibilità della translatio nel primo articolo della legge, dando vita ad una nuova forma di arbitrato, detto “deflattivo”, allo scopo di porre rimedio al congestionamento dei processi civili. Nuova forma di arbitrato è stata introdotta, in ambito societario, anche dal d.lgs. 5/2003, con l’intenzione di creare un istituto che incentivasse le società, non tutte, prevedendo infatti la legge stringenti limiti sia soggettivi che oggettivi, a ricorrere allo strumento dell’arbitrato. Questo decreto ha portato con sé non poche critiche e dibattiti, essendo in discussione se tale arbitrato societario costituisse o meno una forma alternativa rispetto all’arbitrato comune o se piuttosto fosse da considerarsi, in via esclusiva, l’unico tipo di arbitrato accessibile per le società.
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L’elaborato, attraverso il caleidoscopio di una prospettiva d’indagine comparatistica e diacronica, ha ad oggetto lo studio del principio del contraddittorio nell’ arbitrato. Si divide in tre parti. La prima parte fornisce un’ analisi circa la portata assiologica del principio in esame, alla luce del rapporto tra disposizioni codicistiche, principi costituzionali e regole sovranazionali. Particolare attenzione è stata riservata alla riforma costituzionale sul “giusto processo”, analizzando le principali opinioni dottrinali che in tale contesto sono emerse e le implicazioni che tale garanzia costituzionale pone in relazione alle sentenze di “terza via”. Nella seconda parte si passa ad analizzare il rapporto tra contraddittorio e arbitrato rituale. Lo studio chiarisce dapprima la dimensione del contraddittorio fra il principio della libertà delle forme e i principi di ordine pubblico processuale. Nel dinamismo delle riforme che si sono succedute in materia, l’accento è poi posto sui singoli aspetti emersi in dottrina e giurisprudenza. Nella terza parte è contenuta l’analisi dell’estensione del principio del contraddittorio all’ arbitrato irrituale. Dal momento che a un differente inquadramento dell’istituto corrisponde una differente disciplina dei principi che lo regolano, si è provveduto ad una breve rassegna delle differenti ricostruzioni che di esso sono state date nel corso degli anni da dottrina e giurisprudenza a partire dalla sentenza della Corte di Cassazione torinese del 27 dicembre 1904, la quale, per la prima volta in modo esplicito, ha riconosciuto la validità dei compromessi e dei lodi privati emessi senza il rispetto delle forme previste in tema di arbitrato regolato dal codice di procedura civile. Attraverso una lettura sistematica dell’art. 808-ter c.p.c. è infine emersa la portata innovativa che, all’ interno del panorama legislativo del nostro ordinamento, la disposizione presenta in quanto avente ad oggetto l’arbitrato contrattuale come istituto generale. L’accento critico è qui posto, in particolare, su quei punti che nonostante l’importante intervento legislativo risultano poco limpidi, prestando il fianco a letture contrastanti. Nella stesura del presente lavoro si è preso gradualmente coscienza dell’innegabile rilevanza che il principio del contraddittorio riveste nell’ arbitrato, in quanto strumento volto, nel rispetto delle garanzie delle parti, alla continua ricerca delle modalità mediante le quali possa prodursi la decisione più “giusta” possibile. Familiarizzare con l’intima natura dell’arbitrato in quanto «omaggio alla volontà e alla buona volontà dei litiganti, un nobile e consapevole sacrificio della sovranità, detentrice della giurisdizione, alla libertà», ha permesso, inoltre, il ragguaglio di tematiche di teoria generale strettamente legate al tema trattato.
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La tesi ha l'obiettivo di sottolineare come il legislatore abbia, attraverso interventi normativi successivi, arricchito sempre di più il procedimento di mediazione, grazie all'utilizzo di istituti tipicamente processuali. Partendo dalla valutazione dei presupposti tipici dell'istituto, si descrivono gli aspetti fondamentali della ritualità della nuova mediazione civile e commerciale, grazie anche ad una personale analisi di alcuni regolamenti di procedura elaborati dagli organismi di mediazione. Infine, l'attenzione si sposta, seppur in modo sommario, sulla disciplina della negoziazione assistita, esempio ancor più forte di procedimentalizzazione di uno strumento alternativo per la risoluzione delle controversie.