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Come viene tradizionalmente notato, tra i pilastri di ogni moderno sistema processuale vi è il principio dell'effettività della tutela giurisdizionale, il quale principio richiede che sia garantito all'attore che può avere ragione il conseguimento pratico del bene che gli è riconosciuto dalla legge. Vi è però il pericolo che il tempo necessario allo svolgersi dei processo ordinario faccia giungere troppo tardi il provvedimento definitivo, perché nel frattempo si sono verificate circostanza tali da rendere impossibile (o più gravosa) l'attuazione pratica della sentenza di accoglimento della domanda giudiziale. Si tratta quindi di risolvere quello che è stato definito 'forse il più antico e più difficile problema pratico di ogni legislazione processuale': la necessità che il provvedimento definitivo, 'per essere praticamente efficace, sia emanato senza ritardo e la inettitudine del processo ordinario a creare senza ritardo un provvedimento definitivo'. Occorre in altri termini regolare 'uno di quei casi in cui la necessità di far presto si urta contro la necessità di far bene: affinchè il provvedimento definitivo nasca colle migliori garanzie di giustizia, esso dev’essere preceduto dal regolare e meditato svolgimento di tutta una serie di attività, al compimento delle quali è necessario un periodo, spesso non breve, di attesa; ma questa mora indispensabile al compimento dell'ordinario iter processuale rischia di rendere praticamente inefficace il provvedimento definitivo, il quale pare essere destinato, per amor di perfezione, a giunger troppo tardi, come la medicina lungamente elaborata per un ammalato già morto. Per neutralizzare il rischio di inefficacia pratica della tutela giurisdizionale derivante dalla durata fisiologica del processo ordinario, normalmente i sistemi processuali degli ordinamenti interni prevedono che il giudice possa proteggere medio tempore la posizione giuridica sostanziale dedotta in giudizio, in attesa della decisione finale. Per riferirsi all'insieme dei rimedi, di natura tipica o atipica, cui il giudice ricorre a tale scopo, nella terminologia italiana si ricorre all'espressione "provvedimenti cautelari", che può considerarsi equivalente a quelle correntemente utilizzate in ordinamenti stranieri (me sur es proviso ires, medidas cautelar es, provisionai reme dies, Vorsorgliche Rechtsschutz).
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This thesis examines problems related to particular labor laws currently applied in international air transport. This analysis is framed within the context of scholarly theory and judicial practice arising from various regimes of labor law governing industrial injury, the individual contract of employment, labor-management relations, and fair treatment in the civil aviation industry. A critical survey of labor regulations operating in the international air transport industry is provided through commentary on the principles formulated by judicial decisions and the theories which underlie their reasoning, helping to clarify both substantive and procedural labor laws affecting international air transport. A critical analysis of different categories of statutory labor law governing international air transport is also provided to assess the validity of commonly-erected conflict of labor law rules, thereby revealing the inadequacy of the single rule principle in view of the unique and perplexing regulatory interests which are inherent in aviation activity. The divergence between domestic labor statutes and Treaties of Friendship, Commerce and Navigation or bilateral air transport agreements also adds a more subtle aspect to the problems explored.
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Obiettivo della tesi è analizzare il significato e l'evoluzione della Politica Comunitaria Preferenziale di Cooperazione allo Sviluppo. Tale lavoro di ricerca non intende essere un 'percorso storico', uno studio cronologico dell'evoluzione delle relazioni preferenziali con gli ACP, dal Trattato di Roma al Trattato di Maastricht. Piuttosto esso si prefigge di analizzare la Politica di Cooperazione allo Sviluppo preferenziale attraverso la sua trasformazione, avvenuta nella pratica comunitaria, da una situazione 'de facto', a una situazione 'de jure'. Ovvero il passaggio da 'relazioni di cooperazione', avviate fin dalle origini del sistema comunitario (Trattato di Roma), ad una reale Politica Comunitaria di Cooperazione con il riconoscimento specifico di una competenza in tale settore in capo alla Comunità (Trattato di Maastricht).
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Delineare con precisione i confini di un lavoro di ricerca può non essere cosa agevole, soprattutto se si tratta di una ricerca di natura giuridica e giuslavoristica in particolare. 1 temi che ne costituiscono l’oggetto, non sono mai del tutto astraibili dallo scenario che li circonda, e rischiano quindi, se non debitamente contestualizzati, di essere erroneamente percepiti come oggetti sospesi nel vuoto di una solo apparente compiutezza. L’analisi giuridica della contrattazione collettiva comunitaria - oggetto di questo lavoro - non costituisce in questo senso una eccezione, trattandosi anzi di una materia che soltanto artificiosamente, potrebbe essere interamente esaurita nelle scarne norme positive che ne costituiscono il quadro giuridico di riferimento. Condotta unicamente attraverso lo studio dei riferimenti normativi ad essa propri, una indagine sulla contrattazione collettiva comunitaria risulterebbe non solo e non tanto metodologicamente discutibile, quanto e soprattutto deprivata di una serie di elementi di conoscenza e di valutazione, la cui considerazione si rivela in grado di produrre un rovesciamento degli esiti inizialmente preventivabili. Il lavoro che si presenta costituisce un tentativo di recuperare la “visibilità” di tutti i molteplici fattori - giuridici, istituzionali, politici e sindacali - che, convergendo sul medesimo spazio concettuale occupato dalla contrattazione comunitaria, contribuiscono a definirne e a qualificarne i contorni. La trattazione costituisce di conseguenza il risultato di uno sforzo ricostruttivo scandito dalla continua tensione tra le esigenze di una indagine analitica e le necessità di una valutazione sintetica; tra una fecalizzazione che rischia di nascondere il contesto e una visione d’insieme nella quale la nitidezza delle linee rischia di scomparire; tra i condizionamenti inerziali di una formazione giuslavoristica attenta alla dimensione ordinamentale delle relazioni industriali, e la necessaria considerazione delle complesse trame istituzionali che, in un ordinamento “plurale” come quello comunitario, condizionano qualsiasi forma di regolazione giuridica; insomma tra lo specifico oggetto della ricerca e il complessivo scenario nel quale esso si colloca.
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One of the most immediate questions that could be raised is that of the topic. Why banks?. Banks are a part of the economy which is especially prone to regulatory competition. Increasing financial globalization makes it difficult to maintain regulatory barriers and those remaining create costs that are avoided by regulatory arbitrage. Banks’ raw material is capital which is a highly mobile element. On the top of that, the longstanding experience of the US in the field, should be of some usefulness. Finally, banks are attractive since the European Union, by means of the Second Banking Directive, has undertaken a decisive step towards liberalisation. Regulatory competition in this field will be able to give us some clues into the direction of services regulation in general, and into the new institutional dimension of the Union. However, banks are only one type of financial actors. Securities and insurance industry are gradually occupying spaces traditionally reserved to banks - namely deposit collection and lending - and conversely, banks are extending their product range to cover securities and insurance activities, and are experiencing a process of disintermediation. Hence, it is increasingly impossible to distinguish among financial actors. Concentrating in one of them is just a research need in order to keep the study under manageable dimension. Still, banks remain a legally different industry because of their position in the economic gear and in the payment system. What could actually be questioned is the future of banks themselves or at least their different legal treatment In any case, the topic of financial services regulation is too large to be covered as a whole, so some subdivision is necessary. This has to be done acknowledging that divisions may not correspond to the reality of the marketplace.
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La Tesis Doctoral tiene por objeto trazar el aspecto de conjunto del fenómeno de la tarjeta de crédito. Tras la delimitación de la figura, realizada a partir de la consideración de sus orígenes y evolución, y luego de tratar del marco jurídico (Derecho Positivo Español, actuaciones de la Comunidad Europea, trabajos de la comisión de las Naciones Unidas para el Derecho Mercantil internacional), se estudian sus caracteres documentales:Idoneidad Legitimadora e Intransmisibilidad. Asimismo se presta atención a las posiciones jurídicas documentalmente representadas por la tarjeta de crédito y a los procedimientos de utilización, distinguiendo entre sus modalidades básicas: las denominadas tarjetas de crédito "bilaterales" y las "trilaterales".
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I examine two potential instances of rent-seeking in financial markets in the 1980s. In the first essay I test whether managers engage in political activity designed to influence federal regulation of the market for corporate control. In the second, I examine whether firms in the financial services sector attempt to affect bank deregulation. Using Federal Election Commission data, I find campaign contributions by corporate political action committees (PACs) are negatively related to levels of inside ownership, my main proxy for managerial vulnerability to hostile tender offers. Contribution patterns for firms with less than 20% insider ownership are relatively highly correlated, and differ from those of firms with greater than 20% inside ownership. Low inside ownership firms have slightly higher levels of contributions to legislators on particular House and Senate committees proposing relevant legislation. However, when I analyze the impact of contributions on legislator support for regulation I find no statistical support for a theory of vote-buying. I conclude that corporate political behavior is tied to levels of inside ownership, and comprises an alternate index of manager-shareholder conflict. Using a similar approach to analyse the financial services industry, I also find significant patterns in political action committee (PAC) campaign contributions for depository (commercial bank and thrift) and non-depository (brokerage and insurance) sectors of the financial services industry during the 98th Congress (1983-84). Contributions by depository firm PACs appear not only to purchase access to legislators serving on important banking committees crucial to their interests, but are also a significant determinant of votes for repealing sections of the Glass-Steagall Act. Nondepository contributions do not appear to influence votes directly, even though the brokerage and insurance sectors effectively lobbied House Banking Committee chairman Fernand St Germain to enforce the regulatory status quo. When I measure the rents at stake in the legislation using a two-factor market model event study approach, I find that the passage of legislation in the Senate had a positive affect on depository firm returns, implying the sector's lobbying effort was justified. However non-depository PACs lobbied just as extensively, and did not experience significant abnormal returns over the same event period, even though this round of deregulation should have been a zero-sum game between the affected sectors of the industry. I then measure the correlation between the market value impacts of new legislation and contribution amounts for individual firms within the sectors. I find rents are correlated with political activity, even for firms in the non-depository sectors.
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L'intervention des personnes morales de droit public en faveur des entreprises en difficulté, due à la multiplication des procédures collectives, a été légitimée par la mise en place d'un cadre juridique et de conditions d'intervention. C'est une manifestation du droit économique qui appelle la transgression de la frontière entre le droit public et le droit privé. Celle-ci se manifeste notamment, dans la mise en œuvre de la responsabilité des personnes morales de droit public du fait de leurs interventions, par l'examen des divers fondements juridiques de leur responsabilité. D'autre part, les personnes morales de droit public sont parties à la procédure collective en tant que créancières. Elles ont à ce titre une place particulière mais leurs droits ont été modifies et le droit positif révèle un équilibre entre les intérêts publics et les intérêts privés. Par ailleurs, si les personnes morales de droit public ne peuvent être débitrices dans une procédure collective, certaines situations de fait sont analysées qui conduisent à proposer une procédure de redressement financier à leur égard. Enfin, l'interventionnisme économique de l'Etat et des collectivités locales par l'intermédiaire de sociétés de droit privé génère des difficultés d'application du droit des procédures collectives issues de l'imbrication du droit privé et du droit public et même une inapplicabilité de fait.
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