Bibliographie sélective OHADA

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  • Faire du Foncier un fait économique total, et du capital le moteur du développement, c’est donner un blanc-seing à la marchandisation de la terre. Faut-il vraiment que le Mali cède ses terres agricoles et ses ressources foncières pour accéder au développement? Pour quel développement ? Le développement exige-t-il le sacrifice de l’agriculture familiale paysanne et des méthodes traditionnelles séculaires de gestion du foncier ? Depuis son accession à la souveraineté nationale en 1960, le Mali, pays pauvre de l’Afrique au Sud du Sahara cherche à atteindre mais en vain un essor économique, social et industriel et cela par tous les moyens, à l’exception de la mise en place d’un modèle endogène de développement. Dans cette quête, il a dû souscrire au modèle de développement dominant qui n’est autre que celui capitaliste, fragilisé depuis toujours et présentement par les conséquences de ses limites à savoir la succession des crises alimentaire, sociale environnementale financière. Si ce revers du capitalisme a eu des effets sociaux importants dans les pays du sud, il a également conduit certains pays émergents et auteurs de capitaux à s’accaparer des ressources naturelles des pays les plus pauvres. Pris en tenaille entre la préservation de ses spécificités socio-écologiques sur le plan foncier et son envie d’atteindre le développement durable, le Mali voit dans la marchandisation des ressources foncières à grande échelle une véritable aubaine. Ainsi, il va adapter son cadre juridico-politique d’accès aux ressources foncières (au risque de décalage, d’incohérence et de flou entre ses stratégies politiques et la réalité foncière) afin d’attirer de nouveaux acteurs. Il prend par la même occasion le risque d’exposer son peuple aux conséquences prévisibles (la spoliation des droits fonciers coutumiers, l’accroissement de la pauvreté rurale et des inégalités, la destruction de l’agriculture familiale…) de ce passage sans transition à une économie mondialisée alors que les enjeux fonciers bien maîtrisés se révèlent être une véritable stratégie de gestion équilibrée de tout développement et surtout du développement durable.

  • Comme un organisme vivant, l'entreprise naît, vit, et peut être le siège de désordres divers, dont les plus graves sont susceptibles de provoquer sa disparition. Ce qui ne saurait laisser indifférent tout législateur soucieux de l'équilibre socioéconomique et de la sécurité des transactions. C'est ainsi que de nos jours, la finalité traditionnelle du droit de la faillite, à savoir, le désintéressement des créanciers, sans pour autant disparaître complètement, est passé au second plan, derrière le souci de la sauvegarde et de la continuité de l'exploitation commerciale. Divers instruments juridiques sont alors déployés dans le but d'éviter la cessation des paiements du débiteur qui connaît des difficultés.C'est dans ce contexte que s'inscrit le concordat préventif prévu par l'Acte Uniforme de l'OHADA, relatif au droit des procédures collectives d'apurement du passif. Il s'agit d'un instrument de nature hybride, mi-conventionnel, mi-judiciaire, accordé à l'issue d'une procédure dite de règlement préventif au débiteur qui, sans être en cessation des paiements, connaît une situation économique et financière difficile, mais non irrémédiablement compromise. C'est donc un accord librement négocié et arrêté entre le débiteur et certains de ces créanciers et auquel l'intervention du juge confère la force exécutoire. Toutefois, le dispositif mis en place par le législateur africain souffre de certaines carences de nature à l'empêcher d'atteindre son but de prévention et de résolution des difficultés des entreprises. L'une des causes de l'inefficacité du concordat préventif est l'imprécision du critère d'admissibilité, ce qui a pour effet une ouverture tardive du processus, qui, à son tour, influe négativement sur l'exécution du concordat une fois conclu et homologué. Il s'est dès lors avéré utile d'explorer de nouvelles pistes pouvant conduire à une plus grande efficacité en matière de sauvegarde des entreprises en difficulté dans l'espace OHADA.

  • Il presente elaborato mira ad analizzare le forme di tutela accordate in sede europea al “consumatore” si servizi finanziari, al fine di verificarne, da un lato, l’adeguatezza rispetto all’evoluzione normativa che ha interessato tale segmento del mercato (Capitolo I) e, dall’altro lato, le modalità e le tecniche di diffusione nell’ordinamento italiano (Capitolo II) e in quelli dei principali Paesi Europei (Capitolo III). L’indagine muove dal processo di integrazione comunitaria avviato nel 1999 con l’elaborazione del “Financial Service Action Plan”, mettendo in luce come tale azione stia progressivamente contribuendo, attraverso la predisposizione di nuove regole e principi, alla creazione di un “diritto privato europeo”. In tale contesto, infatti, lo spazio rappresentato dal mercato dei servizi finanziari è significativo e di eccezionale rilevanza. Si è osservato, infatti, come l’integrazione dei mercati finanziari – avviata dalle Istituzioni europee, tra l’altro, attraverso l’aggiornamento della normativa comunitaria sui servizi di investimento (direttiva MiFID) – abbia avviato, e progressivamente sostenga, la massima armonizzazione delle regole economiche e giuridiche applicabili alle relazioni con i clienti, anche attraverso l’introduzione di nuovi meccanismi di tutela dei consumatori, volti a preservare la parte “debole” del rapporto contrattuale dai fisiologici rischi connessi alla prestazione dei servizi finanziari. In tale contesto, si è evidenziato come l’omogeneizzazione delle regole dei mercati finanziari abbia comportato, da un lato, l’aumento del flusso di risparmio destinato agli investimenti cross-border, nonché il progressivo coinvolgimento dei consumatori nelle transazioni finanziarie ma, dall’altro lato, abbia contribuito ad esporre maggiormente gli stessi ai rischi connessi agli eventi di crisi che hanno interessato le economie a capitalismo avanzato (ad esempio, il default della banca d’affari Lehman Brother’s). L’esposizione della clientela a situazioni di instabilità, peraltro, è fortemente avvertita anche sul versante dei servizi bancari tradizionali, non soltanto in ragione della diffusione del modello di banca universale e multicanale, ma che per effetto dell’attesa internazionalizzazione dei player del mercato, conseguente al livellamento del relativo “campo da gioco”. Si è perciò sottolineato come la proliferazione delle controversie intermediario-cliente nei diversi segmenti del comparto bancario-finanziario abbia mostrato come il nuovo sistema di tutele introdotto dal legislatore comunitario non sia stato in grado, da solo, di garantire la massima protezione dei consumatori dai rischi connessi alla fruizione dei servizi finanziari. A tale proposito, ci si è interrogati – anche alla luce della copiosa letteratura nazionale ed europea in materia – riguardo ai rimedi esperibili per superare le criticità legate alle procedure giudiziali di risoluzione delle controversie transfrontaliere (i.e. la durata dei tempi processuali, ovvero il costo per accedere alla giustizia), giungendo ad individuare nei sistemi alternativi di risoluzione delle controversie (c.d. ADR) una valida alternativa rispetto alla tutela giudiziale ordinaria. Ancora nel corso del Capitolo I, si è dato conto di come tali meccanismi di mediazione e conciliazione – caldeggiati e, in parte, disciplinati dalle istituzioni comunitarie – potranno, da un lato, comportare la semplificazione e la deburocratizzazione degli apparati giudiziari e, dall’altro, offrire un ulteriore presidio di tutela per i cittadini europei, particolarmente esposti ai rischi connessi ad attività complesse come la prestazione dei servizi di investimento. Come evidenziato nel corso del Capitolo II, non sorprende che in un settore fisiologicamente esposto al rischio di contenzioso come il comparto dei servizi finanziari, le Istituzioni comunitarie abbiano introdotto e progressivamente sospinto la diffusione in Europa dei modelli di ADR, appunto come strumenti di risoluzione delle controversie alternativi agli ordinari rimedi di natura giudiziaria. E sulla spinta comunitaria, anche il legislatore italiano sta progressivamente introducendo nel nostro ordinamento nuove modalità e nuovi sistemi per la risoluzione stragiudiziale delle controversie insorte in sede di prestazione dei servizi finanziari: tra le prime, la disciplina della mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie in materia civile e commerciale (di cui al d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28); tra i secondi, i due nuovi organismi di derivazione pubblica, rappresentati dall’Arbitro Bancario Finanziario attivo presso la Banca d’Italia e la Camera di Conciliazione e Arbitrato, costituita presso la Consob. Si è visto, quindi, che le esigenze di tutela della clientela hanno condotto negli ultimi anni all’emanazione di regole e principi, come la disciplina della trasparenza del 2003 (successivamente novellata nel 2009 e, da ultimo, nel 2011 per recepire le nuove regole in materia di contratti di credito ai consumatori) e le regole di funzionamento dei sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie, che operano proprio a completamento del quadro delle iniziative di tutela della clientela bancaria e finanziaria, come strumenti di redress rapidi, economici ed efficaci. Sempre nel corso del Capitolo II, quindi, si analizzano le caratteristiche principali dell’organismo nazionale deputato alla risoluzione stragiudiziale delle controversie bancarie, costituito dall’Arbitro Bancario Finanziario, al fine di rappresentare la natura giuridica di tale meccanismo, il relativo ambito di applicazione territoriale ed oggettivo, nonché individuando i rimedi esperibili dagli intermediari avverso le decisioni pronunciate dall’ABF. L’indagine prosegue attraverso l’indicazione degli elementi essenziali della Camera di Conciliazione e Arbitrato, istituita presso la Consob al fine di redimere le controversie insorte in sede di prestazione dei servizi di investimento, anche attraverso un approfondito confronto con la natura giuridica e l’ambito di applicazione dell’ABF. Infine, nel Capitolo III dell’elaborato – dopo aver esaminato le principali ragioni poste alla base della diffusione degli strumenti ADR in Europa, le principali iniziative legislative (direttiva mediation) e di autoregolamentazione (reti EEJ-NET e FIN-NET) in materia – si offre un’analisi dei principali sistemi ADR attivi in Europa, attraverso una dettagliata indagine comparatistica che ha interessato gli ordinamenti francese, spagnolo, tedesco e inglese. La menzionata indagine, in particolare, ha messo in luce le principali differenze e le numerose analogie presenti tra i sistemi ADR attivi nell’Unione europea, principalmente con riguardo alla natura giuridica dei rispettivi organismi, alle funzioni svolte, alle condizioni di accesso ai sistemi, nonché alle caratteristiche delle relative decisioni.

  • Une des conséquences de la crise économique et financière de 2008 réside dans des tentations incessantes et continues de récupérer la confiance ébranlée du consommateur vis-à-vis des professionnels du secteur des services financiers. Alors que la protection du consommateur constitue un thème fréquent en droit français -et récent en droit libanais- une telle recherche fait défaut en matière spécifique aux services bancaires et aux services des assurances en droit comparé. En effet, le sujet est souvent présenté sous des angles séparés de la protection du consommateur dans chacun des deux services, dans chacun des deux droits. Il en découle qu’un approfondissement global, mais non exhaustif, sur « la protection du consommateur des services bancaires et des services d’assurance » dans une perspective comparative entre les deux droits, français et libanais, nous permettrait de mieux connaître les caractéristiques d’une telle combinaison. Ainsi, une série de questions se pose : Quels sont les contours des protections octroyées à ces consommateurs ? Comment leurs intérêts collectifs et individuels sont-ils défendus par les gouvernements, les législateurs, les juges, et la société civile ? Quelles sont les conséquences juridiques d’une telle protection qui s’avère être parfois « irrationnelle » ? Cette recherche a donc pour finalité de tenter de répondre à toutes ces questions, à travers deux parties. Dans la première, il s’agit d’analyser la protection octroyée aux intérêts collectifs et individuels des consommateurs des services bancaires et d’assurance. Dans la seconde, l’attention sera portée sur la mise en oeuvre d’une protection curative, parfois « déraisonnable » des consommateurs des services bancaires et d’assurance.

  • Cette thèse propose une théorie générale des normes internationales qui prescrivent l'existence ou l'inexistence d'une règle interne. Cette entreprise, qui est une première dans la doctrine de droit international, présente, à titre principal, deux intérêts. Premièrement, elle démontre que le concept de normes internationales prescrivant l'existence ou l'inexistence d'une règle interne permet de décrire une partie fondamentale du droit international positif, habituellement présentée au moyen d'autres concepts très connus, en particulier le principe de primauté ou de supériorité du droit international et le conflit ou la contrariété entre droit international et droit interne. Deuxièmement, en s'appuyant sur 250 instruments et 750 jugements, extraits principalement du droit des affaires, du droit de l'environnement, du droit des droits de l'homme, du droit pénal, du droit du travail et du droit de l'Union européenne, cette thèse prouve qu'il existe un régime commun à l'ensemble des normes internationales qui prescrivent l'existence ou l'inexistence d'une règle interne. = This thesis establishes a general theory of international norms which prescribe the validity or the invalidity of an internal rule. This research, the first of its sort to be undertaken in international legal doctrine, follows two principal lines of enquiry. Firstly, it demonstrates that the concept of international norms which prescribe the validity or the invalidity of an internal rule provide a basis on which to describe a fundamental part of positive international law, usually presented by mean of well-know others concepts as the principle of primacy or superiority of the international law, and the conflict or contradiction between international law and internal law. Secondly, this thesis draws on more than 250 legal instruments and 750 judgments, relating principally to business law, environmental law, human-rights law, criminal law, labour law and European Union law, to illustrate the existence of a coherent regime governing all international norms prescribing the validity or the invalidity of an internal rule.

  • Os bancos nunca foram tão grandes como depois da Crise de 2008. No momento de maior pânico, logo após a quebra do Lehman Brothers, autoridades do mundo inteiro autorizaram fusões e aquisições antes vetadas. Era preciso garantir a estabilidade do sistema financeiro alegava-se e tentar preservar a concorrência nesse instante apenas aumentaria o pânico. O Brasil não ficou imune a esse movimento. Fusões como a do Itaú com o Unibanco e aquisições como a da Nossa Caixa pelo Banco do Brasil levaram o setor a um grau de concentração nunca visto antes. A discussão entre o Conselho Administrativo de Defesa Econômica (CADE) e o Banco Central, sobre quem deve julgar tais concentrações, faz parecer que existe uma contradição entre a disciplina constitucional da defesa da concorrência e a garantia da segurança e estabilidade das instituições financeiras. O resultado é a proliferação de instituições hipertrofiadas, os megabancos, em prejuízo desses mesmos princípios da ordem concorrencial estabelecidos constitucionalmente. Os principais argumentos em favor dos megabancos seriam, primeiro, o de que as rendas derivadas de poder no mercado que estes auferem (o chamado valor de franquia) formaria um colchão que aumentaria a sua resistência no caso de choques como o de 2008. Em segundo lugar, sugere-se que esses bancos, ao crescerem, acumulariam ganhos de escala, de escopo e de eficiência custo. Este trabalho propõe que não existe nenhum antagonismo entre a defesa da concorrência e a regulação bancária tradicional, de cunho prudencial e sistêmico. Propõe ainda que o modelo dos megabancos coloca um grande risco para a sociedade, tratando-se na realidade de um movimento estratégico de grandes instituições para acumular mais poder no mercado. São dois os motivos pelos quais se defende que não existe nenhum ganho no crescimento dessas instituições. Em primeiro lugar, as economias de escala se esgotam muito cedo, proposição com amplo suporte teórico e empírico. Na previsão mais otimista, bancos com mais do que 25 bilhões de dólares em ativos já estão na área de deseconomias de escala. Tampouco existem economias de escopo que autorizem a concentração de atividades tão diversas como as de banco comercial e de investimento. Bancos que concentram muitas atividades são, na realidade, avaliados negativamente pelo mercado. Mesmo os ganhos de eficiência custo, resultantes de uma melhor gestão de instituições mal administradas, não tem suporte empírico relevante. Em segundo lugar, uma estrutura moderna do setor bancário pressupõe bancos especializados e concentrados nas áreas em que têm maior eficiência. São bancos menores, que dividem com os mercados financeiros e outros intermediários a tarefa de prover o crédito. A concorrência do mercado de capitais, de instituições não bancárias (como gestores de fundos e financeiras) e de instituições não financeiras (como redes de supermercados, correios e empresas comerciais) forçou esses bancos a fazer o descruzamento de subsídios e a abandonar as atividades em que eram menos eficientes. Os megabancos vão na contramão dessa modernização, negando os princípios da Ordem Concorrencial. A reação dessas instituições, entretanto, é contundente. Os bancos procuram o crescimento excessivo, de forma a criar as megainstituições, para colher ganhos que não vêm de uma operação mais eficiente. São ganhos provindos das inconsistências na atuação do regulador. Este trabalho propõe a extensão das doutrinas de comportamento estratégico, de forma a incluir três categorias novas de comportamentos adotados pelos megabancos: 1. Expansão Não-Eficiente de Participação no Mercado: Bancos operam muito além da escala eficiente para obter as vantagens da garantia de socorro aos grandes bancos (o too big to fail), para influenciar a regulação e aumentar lucros e, por fim, para explorar os acionistas não controladores. 2. Saturação Anticompetitiva de Mercados: Bancos acumulam produtos para além do recomendado pelos ganhos de escopo, e também agências além do que geraria ganhos de escala, para bloquear a entrada de novos concorrentes. Mostra-se neste trabalho como o excesso de agências e produtos funciona como uma barreira à entrada, o que explicaria essas expansões como um movimento preventivo. 3. Bloqueio de Modernização Pró-Competitiva: Como uma estrutura moderna do setor obriga uma redução do tamanho dos bancos e, também, uma redução da participação do setor bancário nas atividades de crédito, os bancos tentam bloquear a modernização. O bloqueio é feito através de práticas anticoncorrenciais já conhecidas, como o bloqueio ao acesso de bens essenciais (por exemplo, ao sistema de pagamentos) e as ações concertadas, entre outros. A resposta do regulador para esses comportamentos estratégicos seria a aplicação pura e simples das ferramentas do Direito Concorrencial. Este deve aplicar medidas ordenando a desconcentração de mercados e deve investigar e punir as práticas anticompetitivas. É uma atuação que difere, portanto, da regulação bancária tradicional, em que constantemente se consideram os aspectos prudenciais e sistêmicos. Isso ocorre porque, no caso desses comportamentos, o restabelecimento da livre concorrência é condição necessária e suficiente para garantir a segurança e a higidez dos mercados financeiros. Essa conclusão, aplicada ao Brasil, leva a que se deve proceder à desconcentração no setor, com a adoção de medidas compensatórias para a maioria das fusões recentemente aprovadas. Essas medidas encontram precedente significativo naquelas adotadas tanto na Europa quanto nos Estados Unidos durante a Crise de 2008. Finalmente, algumas das previsões das hipóteses desenvolvidas no trabalho são testadas empiricamente. Foi desenvolvido um modelo jurimétrico que mostra que mais competição resulta em maior estabilidade financeira. O modelo também confronta a abordagem da Nova Economia Institucional com a NeoEstruturalista, mostrando que esta última resulta em mais competição e maior estabilidade financeira.

  • A tese tem por objetivo demonstrar a legitimidade da execução extrajudicial dos créditos dotados de garantia imobiliária. O modelo de execução por quantia certa contra devedor solvente adotado pelo Código de Processo Civil brasileiro, altamente centralizado na figura do juiz, continua a padecer de falta de efetividade mesmo após as reformas. Tanto a atual perspectiva teórica da relação entre execução, jurisdição e Estado, quanto a perspectiva concreta do regramento de variados sistemas de execução colhidos no direito estrangeiro, permitem afirmar que deve ser superado o mito de que a execução deva ser sempre, necessária e exclusivamente, conduzida pelo juiz. Tais perspectivas revelam o fenômeno da minimização da participação do juiz no desempenho dos atos de execução, que se desdobra nas técnicas de desjudicialização da execução e da execução extrajudicial. As manifestações da primeira técnica ainda são tímidas no direito brasileiro, que, no entanto, é dotado de significativo modelo de execução extrajudicial para satisfação de créditos pecuniários dotados de garantia imobiliária, construído a partir das características comuns da execução extrajudicial hipotecária e da execução extrajudicial pertinente à alienação fiduciária de bem imóvel em garantia. Trata-se de instrumento de natureza típica de execução forçada, que opera por meio executivo sub-rogatório e conduz à expropriação do bem imóvel objeto da garantia, sem necessitar de emprego de força física. Não se vislumbra inconstitucionalidade no mecanismo. Os exames de seu procedimento (aspecto endógeno) e de sua interação com outros instrumentos de tutela exercitáveis perante o Poder Judiciário (aspectos exógenos) permitem concluir que tal modelo de execução extrajudicial é útil, adequado e equilibrado para tutelar o credor sem, de outro lado, violar direitos fundamentais do devedor; razão pela qual merece integrar, legitimamente, o arcabouço de instrumentos predispostos à satisfação coercitiva das crises de adimplemento de obrigações de pagamento de quantia. Le but de cette thèse est de démontrer la légitimité de lexécution extrajudiciaire des crédits dotés de garantie immobilière. Le modèle d'exécution par somme certaine contre un débiteur solvable adopté par le Code de Procédure Civile brésilien, très centralisé dans la figure du juge, continue à subir le manque d'effectivité, même après les réformes. L'actuelle perspective théorique de la relation entre l'exécution, la juridiction et l'État comme la perspective concrète du règlement de plusieurs systèmes dexécution pris dans le droit étranger, permettent daffirmer que lon doit surmonter le mythe que l'exécution doit toujours être nécessairement et exclusivement conduite par le juge. Telles perspectives révèlent le phenomène de la minimisation de la participation du juge dans la démarche des actes d'exécution, qui se déploie en techniques de déjudiciarisation de l'exécution et de l'exécution extrajudiciaire. Les manifestations de la première technique sont encore timides dans le droit brésilien, qui est cependant doté dun modèle remarquable d'exécution extrajudiciaire pour la satisfaction de crédits pécuniaires munis de garantie immobilière, construit à partir des caractéristiques communes de lexécution extrajudiciaire hypothécaire et de l'exécution extrajudiciaire pertinent à l'aliénation fiduciaire dun bien immeuble en garantie. Il sagit dun instrument de nature typique de lexécution forcée, opérant par un moyen exécutif subrogatoire et menant à lexpropriation du bien immeuble objet de garantie, sans avoir besoin de l'emploi de force physique. On nenvisage pas l'inconstitutionnalité dans la démarche. Les examens de la procédure (aspect endogène) et de son interaction avec dautres instruments de tutelle mis em oeuvre devant le Pouvoir Judiciaire (aspects exogènes) permettent quon conclut que tel modèle dexécution extrajudiciaire est utile, convenable et équilibré pour la tutelle du créancier sans par contre, violer les droits fondamentaux du débiteur; cest la raison par laquelle il mérite intégrer dune façon légitime, la structure dinstruments prédisposés à la satisfaction coércitive des crises daccomplissement d'obligations de paiement de somme.

  • Le régionalisme est un phénomène qui a pris de l'ampleur dans le monde, en général, et sur le continent africain en particulier. L'Afrique découvre le phénomène en même temps qu'elle expérimente l'étatisme, la forme d'organisation sociopolitique sous laquelle le continent s'est émancipé de ses anciens colonisateurs. Des indépendances à nos jours, en dépit de sa constance, le phénomène a connu une redynamisation, qui l'a conduit à une certaine unité théorique. Face à la constance du phénomène, l'on est en droit de s'interroger sur sa logique (MATTI, 1999), sur sa raison d'être. En partant d'une approche sociologique des relations internationales, aucun phénomène, aucune organisation spécifique n'est le fruit d'un hasard : chaque institution répond à un besoin donné. C'est de cette hypothèse qu'est parti le présent projet de recherche, qui s'est assigné pour objectif d'expliquer la rationalité du régionalisme, en général, et de sa dimension extérieure, c'est-à-dire, l'unité de front face au monde qu'elle constitue, en particulier. Le besoin d'un front d'action collective dans les relations internationales est évident pour les Etats africains, en proie à une marginalisation croissante dans les relations internationales. L'Etat africain manque, à lui seul, des facteurs, notamment le facteur structurel, qui pourraient inverser la tendance. Il lui faut par conséquent, d'autres approches. Le régionalisme est l'une de celles-là. L'étude s'est focalisée sur le sous-continent ouest africain, pour les besoins de vérification empirique. Elle s'est également inscrite dans le cadre des relations commerciales internationales pour y analyser le potentiel d'action internationale des organisations d'intégration africaines. Dans ce cadre, au-delà de l'explication de la ratio legis de la fonction de représentation extérieure commune -la fonction qui consiste pour une organisation à unifier et / ou coordonner l'action extérieure de ses membres, l'étude a porté sur l'existence théorique des conditions juridiques d'exercice de la fonction par deux des principales organisations d'intégration de la sous-région que sont la Communauté Economique des Etats de l'Afrique de l'Ouest (CEDEAO) et l'Union Economique et Monétaire Ouest africaine (UEMOA). Il s'est révélé qu'en dépit de quelques incertitudes résiduelles que la pratique peut aisément lever, ces organisations s'inscrivent bien dans cette logique de servir d'interface à leurs membres pour une action collective efficace dans les relations commerciales internationales. Bien au-delà de l'investigation théorique, l'étude a scruté le terrain empirique, pour se rendre compte de l'exercice éventuel de la fonction dans la pratique des organisations ouest africaines. Elle a examiné les conditions de leur présence dans le système juridique commercial multilatéral (le système de l'OMC) et leur implication dans un dossier qui semblait constituer une porte d'entrée dans l'arène de la diplomatie commerciale multilatérale, en l'occurrence, le dossier du coton africain à l'OMC. Leur implication y a été, malheureusement, en deçà de leur possibilité d'action. Toujours est-il que, d'un point de vue empirique, l'étude a examiné la participation des deux organisations dans la négociation de l'Accord de partenariat économique (APE) Afrique de l'Ouest - Union européenne. Dans ce dossier, les organisations ouest africaines ont fait preuve d'un certain leadership, affichant ainsi leur détermination à assumer cette fonction de représentant de la région. Certes, les résultats sont encore incertains, mais un certain satisfecit se dégage dans le camp ouest africain, pour avoir résisté face à l'avalanche des négociateurs européens. Le seul point critique demeure dorénavant l'aménagement de la participation des Etats dans le mécanisme de représentation commune, de façon à ce que chacun y voit individuellement un instrument de sa politique extérieure, pour une durabilité du dispositif. Un affinement dans ce sens renforcera et rendra réelle, la fonction de représentation extérieure commune dans les mains des organisations ouest africaines.

  • Les créances du salarié n’ont pas la même nature que les autres créances dont l’employeur peut être débiteur. Elles ont une nature alimentaire qui justifie une protection exorbitante en cas de placement de l’employeur en procédure collective. Une garantie originale des créances salariales a été créée pour pallier l’insolvabilité de l’employeur. L’objet de cette thèse est de rechercher la nature de cette garantie et d’analyser sa dynamique. La garantie des salaires n’a pas la nature d’un privilège puisqu’elle n’est pas assise sur les biens mobiliers et immobiliers de l’entreprise, mais sur les cotisations y afférentes. Elle n’a pas non plus la nature d’une assurance sociale, car la sécurité sociale est fondée sur une logique d’universalité et recouvre des mécanismes multirisques, alors que la garantie des salaires ne bénéficie qu’aux salariés et ne couvre que le risque de non-paiement des salaires. La dynamique de cette garantie permet de montrer que son objet ne se limite pas seulement au salaire, il s’étend aux accessoires du salaire et aux dommages-intérêts notamment ceux liés à un licenciement sans cause réelle et sérieuse ou en cas d’irrégularité de procédure. L’extension du champ des créances garanties permet davantage la sauvegarde de l’entreprise que de l’emploi. Cette dynamique incite, dans une certaine mesure, à la destruction de l’emploi, car les ruptures du contrat de travail auxquelles résultent les créances garanties sont fermées dans les délais qui ne permettent pas la mise en œuvre effective des mesures de maintien de l’emploi. L’employeur est toutefois le responsable principal de l’indemnisation des salariés, car c’est lui le titulaire du pouvoir dans l’entreprise. L’AGS, association patronale, est un responsable supplétif, mais d’autres responsables alternatifs existent. Cette thèse s’achève par une évolution souhaitant la construction du droit social des entreprises en défaillance pour supprimer, sinon réduire les incohérences constatées dans la mise en mouvement de la garantie.

  • La stratégie d’anticipation procédurale en matière civile permet d’effectuer un choix approprié entre les différentes règles existantes en fonction du but poursuivi. L’anticipation du procès et la stratégie au cœur de l’action dessinent en creux le champ de la liberté individuelle laissée au justiciable dans le procès civil. En anticipant la survenance du litige ou en envisageant les modalités de résolution de ce dernier, la technique contractuelle fait de l’évitement du recours juridictionnel une stratégie d’anticipation. Une fois le litige né, le choix d’agir en justice suppose l’évaluation des chances de succès de l’action par rapport au résultat escompté. Seront parfois préférés les modes amiables de règlement des différends, voire le recours à un juge privé en la personne de l’arbitre. Mais si l’action est diligentée, le justiciable devra nécessairement soulever un certain nombre de questions nécessaires à l’élaboration de la stratégie qu’il retiendra pour son affaire. Pour réduire l’aléa judiciaire, plusieurs paramètres doivent être pris en compte tels que l’évolution du droit, de la jurisprudence, la réaction de l’adversaire ainsi que l’office du juge. L’efficacité de la stratégie d’anticipation varie selon le degré de prévisibilité de ces différents éléments qui forment l’objet de cette étude.

  • This thesis analyses current South African copyright law to ascertain the proper interpretation and application of the fair dealing provisions contained in the Copyright Act 98 of 1978. Copyright law ensures that authors’ works are not used without their consent, which they can grant subject to compensation or conditions attached to the use. Fair dealing exceptions allow the general public to use copyright works for certain purposes without the copyright owner’s consent and without paying compensation. These provisions are intended to balance copyright owners’ interests with the interest that members of the public have in using copyright works for socially beneficial purposes. These provisions typically allow the use of a copyright work for the purposes of research or private study, personal or private use, criticism and review, and news reporting. Unfortunately there is no South African case law concerning the fair dealing provisions, and the application of these exceptions remains unclear. This study aims to clarify the extent of application of the fair dealing exceptions to copyright infringement so that courts may be more willing to consider foreign and international law and in doing so develop South African intellectual property law. The social and economic policy considerations underlying the fair dealing exceptions are considered to determine their function. International conventions relating to copyright and neighbouring rights are examined, specifically the provisions allowing exceptions to copyright. The legislation and case law of Australia and the United Kingdom are analysed to determine the proper interpretation and application of these statutory defences. This knowledge is then used to inform South African law. The Copyright Act 98 of 1978 does not contain a fair dealing exception for parody and satire. Australian legislation does contain such an exception, and it is analysed in that context. An exception for parody is proposed for South African law, and the need for and application of this provision is considered. The constitutionality of the proposed exception is evaluated in terms of its impact on the constitutional property rights of copyright owners.

  • La seconde moitié du XXème siècle a été marquée par l'avènement de la sociétéde consommation et, corrélativement, par l'apparition d'un droit nouveau dont l'objectif est de protéger les consommateurs : le droit de la consommation. Il se définit par sa finalité comme l'ensemble des règles dont l'objet est de protéger les intérêts des consommateurs et s'applique essentiellement dans les contrats de consommation. Aucun régime général de la sanction de la violation des dispositions consuméristes n'a été organisé par le législateur. Les sanctions prévues sont majoritairement des sanctions pénales, les sanctions civiles sont alors celles du droit commun des contrats.A partir du droit positif, l'étude cherche à construire un régime spécial de la sanction, commun à tous les contrats de consommation. L'étude est orientée vers la recherche de sanctions efficaces, qui permettent de renforcer l'effectivité de la règle de droit et la protection des consommateurs. Elle distingue nécessairement l' analyse de l'efficacité de la fonction réparatrice de la sanction, qui est conditionnée par la prise en compte de la situation de la victime du comportement sanctionné, et l'analyse de l'efficacité de la fonction dissuasive de la sanction qui est conditionnée par la prise en compte de la situation de l'auteur du comportement sanctionné.

  • Le Code de la propriété intellectuelle est dédié à la protection des auteurs. Sur le terrain contractuel, cela se traduit par un formalisme important qui entoure la cession des droits patrimoniaux. Ainsi, le contrat d’auteur doit être rédigé par écrit, doit détailler le contenu du transfert, et doit préciser la rémunération de l’auteur. L’objectif du législateur, en recourant au formalisme, est de tenter de protéger l’auteur partie faible, de mieux l’informer, de restaurer un certain équilibre contractuel. Une étude de la matière révèle rapidement l’échec du formalisme en ce que le dispositif est inutile et inefficace. Pire, il crée nombre d’effets pervers, qui ne peuvent qu’inciter à douter du bien-fondé du choix du législateur. D’autant qu’il n’est pas possible en la matière de s’appuyer sur le rôle modérateur du juge qu’avait décrit Flour : en droit d’auteur, le juge est très exigeant quant au respect des dispositions formalistes et va même parfois au-delà de l’esprit des textes. Le juge n’assouplit pas le formalisme, il le rigidifie. Face à un droit d’auteur compliqué et exigeant, le professionnel, cocontractant de l’auteur et cessionnaire des droits, a souvent recours aux usages et se détourne ainsi du Code de la propriété intellectuelle. Ainsi, un droit parallèle des contrats d’auteur s’est progressivement mis en place. Devant l’échec du formalisme et sa mise à l’écart par la pratique, le législateur a dû réagir : il a choisi la voie de la réforme (très incomplète et imparfaite) en introduisant dans la loi quelques exceptions au formalisme. Le juge quant à lui semble finalement hésiter sur la démarche à suivre. A côté du mouvement très formaliste qui existe en jurisprudence, un autre courant, plus récent est à noter : certains juges décident de faire de l’interprétation du contrat la pièce maitresse de leur intervention pour faire reculer le formalisme. Ces magistrats, bien plus en phase avec la pensée de Flour, semblent nous indiquer la solution aux effets pervers du formalisme.

  • La relation dialectique qui unit les traités bilatéraux d’investissement et la jurisprudence du Centre International de Règlement des Différends relatifs aux Investissements (CIRDI) a fait émerger un droit international des investissements. La rencontre de ces deux dynamiques a permis de dépasser leur caractère a priori isolé et fragmenté, pour aboutir à un véritable système juridique international, doté d’une structure, d’une logique et de principes propres. En effet, rien ne pouvait laisser envisager une telle évolution, le régime de l’investissement international se fondant sur une multitude de traités bilatéraux et sur une instance arbitrale ne faisant qu’héberger des tribunaux éphémères. Les mouvements de va-et-vient qui unissaient ces deux phénomènes ont permis de lui donner des normes quasi-universelles, mais aussi un véritable juge à la compétence extensive et surtout de lui insuffler l’unité, l’efficacité, la cohérence et la complétude, faisant de plus en plus ressembler le droit international des investissements à un véritable ordre juridique qui, même s’il relève du droit international, lui permet également d’évoluer.

  • L’étude des aliments en droit privé consiste, à analyser les diverses implications juridiques de cette notion. Dans le langage courant les aliments renvoient à la nourriture. Dans certaines branches du droit privé telles que le droit commercial ou le droit de la consommation, on retrouve la première acception. En droit de la famille, elle présente une spécificité car utilisée à la forme plurielle les « aliments » recouvrent tout ce qui est nécessaire à la vie. Il s’agit d’une définition générale, les aliments sont conçus comme étant le minimum essentiel à la subsistance. Dans la mesure où il n’existe pas de liste définie des éléments nécessaires à la vie, cette thèse tend à rechercher des critères de qualification juridique des aliments, à analyser les moyens d’acquisition de ceux-ci. Ceci révèle une notion polysémique et protéiforme selon la nature des besoins. De même, les obligations alimentaires instaurées par le législateur entre certains proches d’une part et une solidarité collective d’autre part, permettant à celui qui est dans le besoin d’acquérir des aliments, sont caractérisées par un régime juridique, particulièrement dérogatoire du droit commun. Cela démontre que sous l’apparente simplification de la notion d’aliments, il se cache un concept juridique permettant d’assurer une vie convenable aux proches et aux personnes dans le besoin dans le cadre de la solidarité collective.

  • Le Mali étant une ancienne colonie française, il y a de fortes ressemblances entre les deux droits au niveau de la définition de sanctions applicables notamment la requalification du contrat de travail, la nullité du contrat de travail. Mais l'application des sanctions dans ces deux pays ne se fait pas de la même manière. Cela s'explique par des raisons sociales, culturelles et économiques. Pour illustrer les points de convergences et de divergences entre ces deux législations, il nous a été nécessaire d'analyser les sanctions civiles, administratives et pénales dans les deux pays sur la base de l'étude en entier du droit du travail français d'avant la réforme de la loi du 13 juillet 1973 portant sur le contrôle de la cause réelle et sérieuse du licenciement jusqu'à nos jours notamment la loi du 28 juin 2008 sur la modernisation du marché du travail avec l'exemple de l'article L.1237-11 portant la rupture conventionnelle du contrat de travailDe cette comparaison, il m'a paru pertinent de faire des suggestions pour améliorer le droit du travail malien à l'image du droit français tout en l'adaptant l'avant projet unique de l'O.H.A.D.A sur le droit du travail africain à cause du développement du marché économique et social du monde et de la place qu'y occupe en Afrique de l'Ouest. Par ce que notre code du travail date de 1992 et que depuis cette date aucune reforme importante n'a été opérée.

  • Les normes privées intéressent le droit international à un double titre : se développant en marge du système interétatique classique, elles constituent l’un des visages d’une régulation privée transnationale émergente et soulèvent la question théorique de leur statut en droit international. Par ailleurs, leurs effets sur le commerce international (et particulièrement le fait qu’elles constituent un obstacle aux exportations des PED vers les marchés occidentaux), conduisent à s’interroger sur l’opportunité et les modalités de leur réglementation par le droit international des échanges. En dépit de leur diversité empirique qui rend difficile toute tentative de systématisation et de qualification juridique, nous considérons que la qualité des produits, qui constitue le fondement téléologique commun des normes privées, permet d’en justifier l’unité théorique et de les considérer comme un phénomène juridique à part entière. Nous démontrerons que les normes privées sont l’une des manifestations d’un droit transnational se développant en parallèle du droit interétatique « classique » et qu’elles jouissent par conséquent d’un statut juridique propre. De ce fait, leurs rapports avec la branche du droit international qu’elles intéressent le plus directement, le droit international des échanges, ne peuvent se limiter à l’approche classique de réglementation (ou approche « répressive », en ce qu’elle a pour seul but d’en limiter les effets restrictifs pour le commerce) mais doivent se concevoir dans une optique de coordination.

  • A l’heure de la réforme du droit des obligations, il n’était pas inutile de revenir sur un phénomène remarqué du droit privé : l’émergence de la faute de fonction. Celle-ci interroge le privatiste quant à la possibilité de transposer dans sa matière une institution de droit administratif : la faute de service. Deux conditions doivent impérativement être remplies pour que la faute de fonction devienne une notion juridique opératoire.La première condition a pour objet de garantir que l’introduction de cette notion ne sera pas source d’insécurité juridique. Or, seule une conceptualisation de la faute de fonction pourrait permettre d’atteindre cet objectif. Celle-ci explique pourquoi la faute de fonction concerne les préposés et les dirigeants de personne morale : ces deux agents exercent communément une fonction pour le compte d’une entreprise. Ce point commun explique que leurs fautes de fonction correspondent aux mêmes critères de définition.La seconde condition a pour objet de vérifier que la faute de fonction peut être opérationnelle en droit de la responsabilité. Fondé sur la théorie du risque-profit et la théorie du risque anormal de l'entreprise, ce régime, articulé autour de la notion d’imputation, est particulièrement efficient en droit de la responsabilité civile où les fonctions de réparation et de sanction doivent être conciliées. En droit de la responsabilité pénale, droit sanctionnateur, la faute de fonction ne semble devoir s’exprimer que de façon très résiduelle.

  • Les échanges commerciaux de denrées alimentaires entre l'Union européenne et les Etats Subsahariens sont en constante augmentation et sont encadrés par les grands principes du droit alimentaire européen, composante du droit de la consommation. Ces grands principes énoncent des règles d'information des consommateurs, de sécurité, de conformité et de traçabilité des produits alimentaires qui doivent être respectés par toutes les parties prenantes du secteur agroalimentaire et des ses filières. C'est donc une masse importante de règles internationales, communautaires européennes qui se combinent aux textes nationaux. Les exportateurs/importateurs au sein de la Communauté, et les professionnels des pays tiers, mettent en œuvre ces règles dans les contrats de vente internationales des denrées. Les problèmes de santé et de sécurité sont posés par les consommateurs inquiets de leur protection. Mais les producteurs seront attentifs à l'évolution des règles qui protègent les consommateurs car elles conditionnent les activités de production, de transformation de transport, de stockage et de commercialisation. Certes, l'Afrique subsaharienne occupe une place faible dans le commerce mondial, mais son importance dans les échanges avec le continent européen, reste un facteur d'encouragement de la production des produits africains commercialisables. A cet effet, les pays subsahariens ne peuvent plus se contenter d'une réglementation locale, inadaptée, bien lacunaire et peu effective, au regard de l'importance des solutions aux questions sanitaires alimentaires dans le cadre du commerce mondial. D'ailleurs les importateurs européens imposent, contractuellement, à leurs partenaires africains le respect des impératifs sanitaires européens sans lesquels ils ne pourraient mettre les aliments importés en circulation en Europe. La thèse met en évidence un impératif de modernisation des instruments juridiques et institutionnels en Afrique subsaharienne. La place que prennent désormais les normes, quelles qu'en soient les différentes variantes est, à cet égard, très instructive. Les normes permettent aux producteurs et exportateurs des pays en développement de raccourcir les opérations complexes de compréhension des textes impératifs et des principes techniques et managériaux très modernes.

Dernière mise à jour depuis la base de données : 06/08/2025 12:01 (UTC)